Sukita - The shoot must go on (2017) di Aihara Hiro
Sukita Masayoshi è un nome che può non dire molto ai più. Eppure, si tratta di uno dei fotografi più celebri dei nostri tempi: con il suo nome legato indissolubilmente a quello del grande David Bowie e, collateralmente, anche ad altre rockstar degli anni '70 come Iggy Pop, Marc Bolan o Janis Joplin, Sukita ha creato dei capolavori fotografici che hanno fatto il giro del mondo.Questo documentario racconta la sua storia e la sua carriera, a partire dagli studi di fotografia a Osaka. La prima macchina fotografica, regalata dai genitori, fu sfruttata fin da subito per mettere in pratica le regole fotografiche apprese all'università: la madre è stata uno dei primi soggetti di Masayoshi e il suo ritratto di profilo con indosso il costume tradizionale della loro regione è diventato una delle sue opere più celebri di Sukita. Conclusi gli studi, divenne un freelancer e iniziò a lavorare per importanti case cosmetiche del calibro di Shiseido. Nel contempo frequentava il quartiere artistico di Harajuku, ben diverso da come lo vediamo al giorno d'oggi, respirando storia e musica a fianco di artisti internazionali.Grande fan del gruppo T-Rex, Sukita coltiva il desiderio di fotografare il frontaman Marc Bolan e, complice la cara amica nonché famosa stilista Yacco Takahashi, ci riesce. Arriva così la consacrazione a fotografo del rock, di eco immediata ed internazionale. Anche l'incontro con Bowie, nella prima metà degli anni Settanta, avviene grazie a Yacco: Sukita vide un ritratto del cantante e, benché ancora non lo conoscesse, percepì fin da subito che era diverso dagli altri. Determinato ad incontrarlo e fotografarlo, nel momento in cui ci riuscì nacque un clic che mai più si sarebbe dissolto. I due da allora divennero inseparabili, benché la loro relazione artistica fosse condotta a distanza. Ricorda Sukita che con Bowie era sempre stato molto facile fare i servizi fotografici, poiché il cantante si prestava volentieri a qualunque tipo di sperimentazione, seguendo l'istinto proprio e quello d Sukita. Le stesse idee per le sessioni fotografiche nascevano con grande spontaneità - come ad esempio il celere shooting con la giacca per "Heroes" - e venivano portate a termine nel breve tempo di un paio di ore e con grande soddisfazione da parte del fotografo, grazie al rapporto disinvolto e spontaneo che aveva David con la macchina fotografica.Le connessioni con il mondo dell'arte (soprattutto nella musica, nel cinema e nella moda) si ampliano grazie alle collaborazioni con Iggy Pop, Janis Joplin, lo stesso Kansai Yamamoto (lo stilista dei celebri abiti indossati da Bowie per le foto del 1973 legate a Ziggy Stardust), Jim Jarmusch, Hirokazu Kore-eda e tanti altri. Ancora oggi i più giovani rockstar desiderano essere fotografati da quest'uomo che il periodo del rock l'ha veramente respirato, condividendone l'animo ribelle e sperimentatore: lo stesso Sukita ammette di essere stato molto ligio alle regole accademiche della fotografia agli inizi, ma che più cresceva e più desiderava infrangerle. Di questo lo ringraziamo, poiché i suoi giochi con luce, colori e movimento, anche in un'epoca in cui non esisteva il digitale, hanno fatto scuola.Chi lo conosce e lavora o ha lavorato con Sukita, gli riconosce il grande rispetto sempre dimostrato nei confronti dei suoi soggetti e per questo è sempre stato ripagato con altrettanto rispetto. Ciò ha sempre permesso di lavorare con grande complicità e, in linea con il suo libero sperimentalismo, seguendo un flow (termine usato da molti dei soggetti intervistati nel documentario) a volte imprevedibile ma sempre vincente e, soprattutto, senza tempo.In ultimo, Sukita ha infatti il grande merito aver creato foto che possano mantenere viva la memoria di un periodo che per la musica e l'arte in generale sono stati tra i più significativi dell'ultimo secolo. A livello internazionale, Sukita si è fatto portavoce di un mondo che non c'è più e che, per questo, crea una specie di nostalgia: tanto per coloro che hanno vissuto quella realtà ormai lontana, quanto per le generazioni più giovani, che risentono non averla potuta conoscere e vivere.Trailer del film su YoutubeFrancesca B.