La galleria dei misteri: le eroine di Tim Burton

Tim Burton ci ha da sempre affascinato con le sue opere, spesso cupe e malinconiche, ma altresì colme di una graffiante ironia. Che si tratti di un bizzarro "bio-esorcista" (Beetlejuice), del risultato di un singolare esperimento (Edward mani di forbice), del supereroe decadente per eccellenza (Batman), del peggior regista di sempre (Ed Wood), del narratore di avventure più assurde al mondo (Ed Bloom), del proprietario di una fabbrica di cioccolato (Willy Wonka) o di un sanguinario barbiere (Sweeney Todd), ogni personaggio portato sullo schermo da Burton ha delle caratteristiche ben definite e ricorrenti.

Si tratta solitamente di personaggi considerati outcast, ovvero degli emarginati in quanto non aderenti ai canoni imposti dalla società. Quest'appellativo non è necessariamente attribuito con accezione negativa. Eppure, qualunque sia il motivo, gli emarginati sono sempre tenuti a debita distanza: si sa, il diverso incute sempre timore... Ciononostante, pur nella loro diversità, questi personaggi riescono (sovente per puro caso) a trovare il loro posto nel mondo.

Chi lo fa attraversando una fase ancora più scombussolante, come il protagonista di Edward mani di forbice (1990): da personaggio terrificante a idolo inconsapevole delle folle, istericamente attratte da questa diversità. Altri personaggi riescono a far valere il proprio senso di esistenza con arrogante o violenta auto affermazione, come Beetlejuice nell'omonimo film del 1988; altri ancora lo fanno creando il proprio mondo ideale, nel quale sentirsi a proprio agio, come Willy Wonka ne La fabbrica di cioccolato (2005).

Nonostante la maggior parte dei protagonisti dei suoi film siano maschili, Tim Burton ha quasi sempre lasciato alle controparti femminili la responsabilità di risolvere le idiosincrasie dei suddetti. Anche quando le protagoniste femminili sembrano poste alla stregua di un personaggio spalla (un sidekick character, in inglese) poiché apparentemente fragili, folli o dimesse, esse si rivelano invece forti, furbe e sagge. Queste loro caratteristiche le rendono le uniche in grado di donare la chiave di volta dell'intero racconto e di aiutare l'"eroe" a raggiungere l'epifania e la conseguente risoluzione della trama.

Ne è un esempio Kim, la cheerleader bionda di Edward mani di forbice interpretata da Wynona Ryder. Sebbene inizialmente spaventata dall'aspetto di Edward (Johnny Depp), si innamorerà molto presto della sua ingenuità e dolcezza. Sarà lei a salvare il ragazzo dalla furia di tutta la cittadina perbenista, che dopo l'entusiasmo iniziale decide di credere alle calunnie rivolte da due membri che avevano cercato di approfittarsi di Edward. Grazie all'incidente finale, Kim riuscirà a liberare il ragazzo dalle accuse dichiarandolo morto. In questo modo, si sottoporrà alla condanna di non vedere più il proprio amato, ma lo ricorderà per sempre e sarà felice di saperlo al sicuro.

Wynona Ryder sarà anche una perfetta eroina nei panni dell’adolescente goth Lydia in Beetlejuice – Spiritello porcello (1988). Anche qui lei sarà la chiave per mettere in comunicazione il mondo dei vivi con quello dei morti e aiutare così Adam (Alec Baldwin) e Barbara (Geena Davis), gli spiriti che infestano la casa ma che, come sempre succede nei mondi rovesciati di Tim Burton, sono le reali vittime delle circostanze. Nonostante si prestasse senza sforzo a questo tipo di personaggi, la Ryder è stata stranamente poco sfruttata dal regista. Speriamo di ritrovare la chimica fra i due nell’atteso sequel Beetlejuice 2, in previsione per il 2018.

Considerando i personaggi femminili di Burton che supportano l'eroe a discapito della propria felicità, possiamo nominare anche Jenny di Big Fish - Le storie di una vita incredibile (2003), interpretata dalla sempre bravissima Helena Bonham Carter. Innamorata fin da bambina senza essere ricambiata del protagonista Ed Bloom (Ewan McGregor), Jenny decide di credere alla sua promessa di tornare a trovarla e di aspettarlo, così, a lungo. Nel momento in cui il figlio di Ed, Will (Billy Crudup) andrà a fare visita all'ormai invecchiata Jenny, non troverà più quel paesino idilliaco descritto dal padre, mentre l'invana speranza d'amore di Jenny la avrà resa grigia, triste e piena di rimpianti, al punto da risultare sovrapposta alla figura della vecchia strega con l'occhio bendato dell'infanzia di Ed. L'amore di Jenny per quell'uomo le aveva fatto sopportare tutti quegli anni di attesa e solitudine, poiché aveva compreso di essere diventata anche lei parte dei racconti di Ed e che l'unico in grado di tenerlo ancorato alla realtà era stato Will.

Altro grande personaggio di supporto, ma tutt'altro che defilato come la tragica Jenny, è invece Katrina (Christina Ricci) de Il mistero di Sleepy Hollow (1999), tratto dalla tetra fiaba americana di inizio Ottocento su un sangunario Cavaliere Senza Testa che tormenta gli abitanti del villaggio del titolo.
La ragazza è solo all'apparenza fragile, rivelandosi invece più coraggiosa e intraprendente dell'investigatore Ichabod (anche qui un grandioso Depp) e aiutandolo a risolvere il mistero che affligge il villaggio. Le sue armi non sono la forza fisica o l'arguzia, quanto la fiducia nella magia e nell'irrazionale: risulta così evidente la completa contrapposizione di Katrina a Ichabod, che con i suoi attrezzi da studioso moderno di medicina e scienze cerca di trovare delle risposte razionali e a tratti ovvie anche a prima vista. Contrariamente a quanto ci si aspetterebbe, l'uomo moderno e razionale non ha successo all'interno di un simile contesto: i suoi tentativi di difendere la propria posizione lo fanno apparire al contrario goffo e ridicolo. Data l'attitudine della Ricci a calzare perfettamente personaggi tutt'altro che candidi (un'immagine senza dubbio indotta dalla sua interpretazione in giovane età di Mercoledì Addams), è strano che non abbia collaborato più proficuamente con Tim Burton. Tuttavia, si vocifera di una nuova collaborazione proprio per il remake del celebre La Famiglia Addams (1991, regia di Barry Sonnenfeld). Staremo a vedere...

Tutt'altra considerazione è da farsi per l'altra tipologia di personaggi femminili delineati da Tim Burton, ovvero coloro che ricoprono il ruolo di eroine. Avendo presumibilmente esaurito la sua esigenza di riflettersi negli eroi maschili nelle sue pellicole fino a quel momento, a partire da La sposa cadavere (2005) Burton ha deciso di dare più spazio e voce alle sue protagoniste. Sempre inguaribilmente romantiche e spesso sfortunate, ma all'occorrenza agguerrite e coraggiose, le sue eroine sono sovente interpretate dalla sua musa per eccellenza: l'ex moglie di Burton, Helena Bonham Carter.

E' lei infatti a dare voce e anima a Emily, la sposa del titolo malcapitata nelle grinfie di un bieco truffatore che la chiede in sposa per poi farla fuori e fuggire con i suoi averi. Emily si ritroverà così condannata all'attesa di una promessa mai mantenuta, vestendo per sempre il suo abito nuziale, ormai ingrigito e lacero. La sua figura riporta alla mente un altro tragico personaggio letterario di sposa lasciata all'altare e incastrata in un imutabile limbo di buio e rancore, ovvero Miss Havisham del romando Grandi Speranze di Dickens (peraltro interpretata dalla Carter nella versione cinematografica del 2012).

Non così innocente ma altrettanto tragica si può definire anche Mrs. Lovett, la folle proprietaria del negozio di pasticci di carne nel brutale Sweeney Todd – Il diabolico barbiere di Fleet Street (2007). Contrariamente al barbiere (Depp), che reclama vendetta per le angherie che lui stesso e la sua famiglia hanno subìto, Mrs. Lovett lo fa per mero senso d'affari a favore del proprio negozio, nonché per l'attrazione sentimentale verso Todd e il suo lato oscuro, del quale lei si sente complice e amante. La Carter, praticamente perfetta in qualunque ruolo, è qui l'interprete di una donna che, in tutta la sua follia, risulta paradossalmente più umana di quel che dovrebbe.

Altra eroina, ma in questo caso positiva e fautrice delle proprie avventure, è la protagonista di Alice in Wonderland (2010), interpretata dalla giovane Mia Wasikowska. Non volendo creare l'ennesima trasposizione cinematografica del romanzo di Lewis Carroll, bensì un ipotetico prosieguo degli eventi narrati che noi tutti conosciamo, Burton ha così potuto liberamente inventare e reinventare vicende e personaggi, creando un mondo in cui nulla è come ricordavamo che fosse. Il regista ha potuto così anche spostare l'età dell'eroina di 13 anni dopo la sua avventura, cominciata con la caduta nella tana del Bianconiglio. Alice ha così 19 anni, il perfetto limite in bilico tra la teenager con i suoi ultimi strascichi di infanzia, e l'adulta con conseguente assunzione di responsabilità sociali. Una delle letture può senz'altro essere il timore del passaggio all'età adulta, poiché ciò significa rinunciare a parte dell'innocenza fanciullesca. Eppure, data l'inevitabilità di questa fase della vita, Alice cerca una via di fuga rifugiandosi nel mondo scoperto da bambina e poi dimenticato. Diversamente però dalla sua avventura iniziale, in cui era un'ignara bambina perduta in un mondo di sconcertanti realtà, ora Alice è cresciuta: è ancora abbastanza piccola da avere accesso a quel mondo improbabile, ma abbastanza adulta da affrontare le sfide più impegnative. In questo modo non è più la vittima delle circostanze, bensì riesce a prenderne le redini, diventando la perfetta eroina perché padrona del proprio destino.

In ultimo, possiamo citare Amy Adams e il suo personaggio Margaret, protagonista di Big Eyes (2014). La storia è quella vera della pittrice Margaret Keane, diventata celebre nell'America degli anni Sessanta per le sue ragazzine dagli occhi enormi e che ha dovuto fare causa al marito Walter (Christoph Waltz), che per anni aveva fatto credere di essere il vero autore delle opere. La stessa Adams, con il suo sguardo sperduto e ingenuo, è perfetta come interprete di uno dei malinconici personaggi di Tim Burton. Ancora una volta il regista ci presenta un personaggio dolce, innamorato e fiducioso, pronto a mettere a repentaglio la propria felicità. Eppure, ancora una volta, la protagonista passa da vittima della situazione ad eroina e difensora del proprio fato, tirando fuori dalla sua apparente fragilità il lato combattivo necessario per poter vedere riconosciuto ciò che le spetta di diritto, nonché il proprio talento.

Poco a poco, quelle che erano personaggi secondari oppure defilati anche come principali, cominciano ad ottenere sempre più spazio e voce. Sicuramente hanno dei tratti comuni, eppure le eroine che Burton ha portato sullo schermo fino ad ora non sono mai una uguale all’altra. Al contrario quindi di molti personaggi maschili di Burton, le cui caratteristiche sono riproposte al punto da renderli delle maschere, ognuna delle eroine del regista ha delle caratteristiche e delle storie proprie ed uniche, che le rendono più complesse, tragiche, ironiche, insomma umane. Il viaggio che queste eroine devono affrontare per la propria realizzazione non passa mai da strade scontate: si tratta invece di sfide con la propria natura splendente, spesso messa in dubbio dal mondo circostante e quindi non riconosciuta. L’avventura verso l’auto-affermazione e la scoperta di sé, pur passando attraverso la distruzione della propria fragilità e innocenza, le porta ad essere più stabili ed indipendenti, pur senza perdere la fiducia né l’amore per il prossimo. - Francesca B.

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